I poteri del Giudice
nel processo Tributario

Svolgimento del Processo

  1. Con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale la parte contribuente ……agiva nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale II di Napoli impugnando l’avviso di liquidazione d’imposta ed irrogazione di sanzione in epigrafe con cui le si chiedeva con riferimento alla omessa registrazione della sentenza civile n. 11788/2014 del 10.7.2014, pronunciata su domanda del Fall. ……nei confronti della ricorrente e di altre parti, inerente alla mala gestio e alla responsabilità degli amministratori di fatto e legali, nonché dei membri dei collegio sindacale, il pagamento delle imposte ed oneri accessori dovute su detta sentenza per euro 57.116,75. L’imposta di registro veniva determinata con l’applicazione dell’aliquota del 3% prevista dall’art. 8 comma 1 lett. B della tariffa parte prima allegata al DPR 131/1986 sul valore dell’imponibile pari all’intero decisum della sentenza (pari a euro 1.449. 706,37) sull’assunto che tutte le parti in causa ”sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta” (art. 57, comma 1 DPR 131/86). La parte ricorrente deduceva che, ancorché fosse stato instaurato dalla curatela del fallimento un unico giudizio, le domande erano diverse nei confronti dei diversi convenuti , sì che permaneva una autonomia del singoli titoli giuridici e delle singole cause petendi all’interno del giudizio, che dovevano essere trattate come distinte. In particolare sosteneva di essere stata evocata in giudizio per azioni specifiche (violazione degli obblighi di vigilanza e di corretta gestione derivanti dalla carica di amministratrice ricoperta), diverse da quelle degli altri convenuti e che era stata condannata in solido con gli altri convenuti al pagamento a titolo di risarcimento danni degli importi di euro 66.052,57 ed euro 925.800,00 oltre ad interessi, non degli ulteriori importi risarcitori imputati in via esclusiva ad altri soggetti, sì che l’imposta di sua competenza, in via solidale,. andava calcolata sugli importi di euro 66.052,57 ed euro 925.800,00, in misura del 3% e non sull’intero.
  2. Si costituiva in giudizio l’ufficio, eccependo, con note di controdeduzione, l’infondatezza del ricorso/ chiedendone il rigetto.
  3. Con sentenza n. 1241 del 13.12.2017 depositata il 9.2.2018 la Commissione tributaria provinciale di Napoli sez. 12 decideva accogliendo il ricorso e condannando la parte resistente al pagamento delle spese, liquidate in euro 800,00 oltre accessori se dovuti. Osservavano i primi giudici che il rapporto sostanziale sottostante alla condanna al pagamento degli importi di euro 66.052,57 ed euro 925.800,00 pronunciati nei confronti della ricorrente era autonomo rispetto a quello che aveva portato alla condanna a titolo risarcitorio nei confronti degli altre parti e 1 pertanto, solo sui suddetti importi andava calcolata l’imposta.
  4. Avverso la suddetta sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale II di Napoli deducendo che la CTP aveva risolto la lite in senso favorevole alla contribuente senza tener conto del coinvolgimento della stessa nel giudizio civile, e che, in particolare, avrebbe errato nel non ritenere la posizione della stessa come litisconsorzio necessario e non facoltativo/ inoltre avrebbe errato nell’annullare interamente l’avviso mentre avrebbe dovuto rideterminare la pretesa erariale calcolando l’importo di cui vi è condanna nella sentenza civile per la……..
  5. Si costituiva in giudizio in seconde cure e depositava tempestive controdeduzioni la parte appellata controdeducendo che nel corso del giudizio dì primo grado, né la ricorrente, né l’Agenzia resistente avevano fatto richiesta di condanna della …….per un importo ridotto, in ogni caso il giudice tributario non sarebbe obbligato a limitare l’importo contenuto nella pretesa erariale, ma ne avrebbe solo la facoltà, sì che non poteva essere giusto motivo di appello il fatto che non avesse provveduto in tal senso. 6. In data odierna, espletati gli incombenti di cui a verbale, la controversia è stata decisa come in dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello è fondato.

Va premesso che le parti del giudizio sono debitori solidali per l’imposta di registro sulla sentenza che l’ha definito, sicché, in conformità alla regola generale della solidarietà passiva, tra loro non sussiste litisconsorzio necessario nella lite tributaria e il contraddittorio è regolarmente costituito in questa anche con la partecipazione di uno solo dei coobbligati (Cass. 12 novembre 2014, n. 24098, Rv. 633091). Nel caso che occupa hanno ritenuto i primi giudici che il rapporto sostanziale sottostante alla condanna al pagamento degli importi di euro 66.052,57 ed euro 925.800,00 pronunciati nei confronti della ricorrente era autonomo rispetto a quello che aveva portato alla condanna a titolo risarcitorio nei confronti degli altre parti e pertanto, solo sui suddetti importi andava calcolata l’imposta: sul punto non vi è stato appello e dunque il relativo dictum resta fermo. Ma, pur avendo affermato la persistenza dell’obbligo di pagamento dell’imposta da parte del contribuente, seppure solo su taluni importi, i giudici di prime cure hanno poi nel decisum annullato l’intero avviso, senza procedere alla rideterminare dell’imponibile su cui andava calcolata l’imposta di registro non versata.

Orbene è principio consolidato della giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, quello secondo cui «Il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’Ufficio, sicché il giudice, ave ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi al suo annullamento, ma deve esaminare nel merito la pretesa e ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte, restando, peraltro, esclusa dall’art. 35, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, la pronuncia di una sentenza parziale solo sull’ “an” o di una condanna genetica» (Cass. n. 13294 del 28/06/2016, Rv. 640171; in termini, tra le tante, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 24611 del 19/11/2014, Rv. 633638, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26157 del 21/11/2013, Rv. 629043, Sez. 6 – 5, Cass., Ordinanza n. 13034 del 24/07/2012, Rv. 623395, nonché, da ultimo, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25629 del 15/10/2018, Rv. 651106, e, con riferimento specificamente all’imposta di registro Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 30197 del 2017).

Principio, questo, che muove sulla scia di quello, analogamente condivisibile, secondo cui <<=”” p=””>

Pertanto, quando «il giudice [. .. ] ravvisi l’infondatezza parziale della pretesa dell’amministrazione, non deve né può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dal “petitum” delle parti» (Cass. n. 17072 del 2010), dando «alla pretesa dell’amministrazione un contenuto quantitativo diverso da quello sostenuto dalle parti contendenti, avvalendosi degli ordinari poteri di indagine e di valutazione dei fatti e delle prove consentiti dagli artt. 115 e 116 c.p.c., [ … ] senza che ciò costituisca attività amministrativa di nuovo accertamento, rappresentando invece soltanto l’esercizio dei poteri di controllo, di valutazione e di determinazione del quantum della pretesa tributaria» (Cass. n. 1852 del 2008), oppure costituisca violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, come erroneamente ritenuto dai giudici di appello, essendo chiaramente consentito al giudice tributario, in un giudizio che non è solo “sull’atto”, da annullare, ma anche e principalmente sul rapporto sostanziale tra amministrazione finanziaria e contribuente, la riduzione della pretesa avanzata dalla prima con l’atto impositivo (v. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25629 del 15/10/2018, Rv. 651106). Nel caso che occupa dunque l’appello è fondato e la sentenza impugnata va parzialmente riformata nella parte in cui ha accolto il ricorso senza procedere alla rideterminazione della base imponibile su cui calcolare l’imposta di registro posta in via solidale a carico della contribuente, importi che gli stessi giudici hanno individuato in euro 66.052,57 ed euro 925.800,00, e su cui non vi è contenzioso. La riforma solo parziale della sentenza di prime cure suggerisce di compensare le spese.

P.Q.M.

la Commissione tributaria regionale della Campania sez. n. 11 definitivamente pronunciando, così provvede:

accoglie l’appello e riforma parzialmente la sentenza impugnata nella parte in cui non procede a rideterminare la base imponibile su cui calcolare l’imposta di registro posta in via solidale a carico della contribuente negli importi di euro 66.052,57 ed euro 925.800,00, sanzioni ed oneri di conseguenza.

Spese compensate.

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